Tre opinioni su Ride Your Wave
Ultimo aggiornamento: 31 Luglio 2020 da Amministratore
Ennesimo anime estivo con amori, cicale, realismo magico e pezzo pop trainante, con molti difetti ma sopra la media.
La sceneggiatrice veterana Reiko Yoshida ce la mette tutta per dire qualcosa di sincero e, anche grazie al fatto che sembra le abbiano lasciato più libertà rispetto alle produzioni del genere (ho tirato un gran sospiro di sollievo quando ho capito che i protagonisti non erano liceali), per buona parte del film riesce piuttosto bene ad approfondire un tema più adulto; mi sono addirittura commosso grazie ad una storia che nella prima mezz’ora è ben bilanciata tra personaggi imperfetti che si sforzano a non abbattersi e a imparare dai propri errori. Persino il Tormentone Pop viene ben sfruttato a questo fine, e la prima parte del film è un ottimo esempio di storia tradizionale giapponese semplice, dalla morale ben evidente e proprio per questo efficace. Poi purtroppo arriva il Realismo Magico. Intendiamoci, non è che all’arrivo dell’Elemento Soprannaturale Obbligatorio il film crolli, ma di sicuro comincia a scricchiolare: l’impressione che mi ha dato è che la sceneggiatrice sia comunque riuscita, anche se in maniera non del tutto soddisfacente, a obbedire ai suoi doveri commerciali, e non è forse nemmeno l’elemento fantastico in sé ad essere il problema principale, quanto il fatto che il Pirotecnico Finale sacrifica il messaggio del film per la spettacolarità, praticamente negando quello che fino a quel punto era (e sarà dopo questa scena) il senso della storia. Questo non significa che il film sia del tutto da buttare, anzi: specie se paragonato al pessimo Fireworks, ho molto apprezzato la trama anche nei momenti più prevedibili, e tutto sommato la storia ritorna ad essere coerente anche dopo il contraddittorio climax, non posso però negare di essere rimasto un po’ deluso da una storia che poteva essere risolta meglio.
In definitiva, un cinekakigori migliore di molti altri (forse addirittura più serio dei Shinkai dal punto di vista tematico) ma che mostra i difetti del filone più commerciale del momento.
– Aldo

Anche Masaaki Yuasa mette i suoi due cent in quella tipologia di film, le storie sentimentali con elemento soprannaturale, che stanno andando per la maggiore in Giappone dal fenomeno Your Name.
Ride your wave non è un brutto film, tutt’altro, ma da un regista dal talento di Yuasa ci si aspettava di vedere ben marcata la sua impronta e il suo stile anche in un genere che inizia a sembrare inflazionato, ma questo purtroppo accade solo in parte. Forse dover avere a che fare con una storia abbastanza semplice, dalla trama lineare e dalle situazioni viste molte volte non gli ha permesso di sviluppare a pieno le sue potenzialità. La pellicola in realtà parte molto bene, inizialmente viene tratteggiata con molta delicatezza la tenerezza di un rapporto che nasce, qui l’elemento canoro è davvero un accompagnamento perfetto per le scene, specialmente quel cantato interrotto da risa ed imbarazzi stonati. Quando, però, a seguito dell’evento che cambia il tono del film subentra l’elemento sovrannaturale manca lo spunto in grado di mettere le ali al film, manca il momento in cui ci si aspettava la firma del regista. Si arriva così alla fine per inerzia con tutti i pezzi del puzzle al loro posto, ma invece di quello che dovrebbe essere il momento clou del film, dove la magia del soprannaturale dovrebbe meravigliarci, è il momento di presa di coscienza finale della protagonista in una scena tanto semplice quanto emozionante a dare davvero un senso alla storia. Si può dire quindi che Ride your Wave è sia un “cartellino timbrato” da un abilissimo regista sia un’occasione mancata di vedere ancora una volta espresse a pieno le sue capacità.
– Godai

Masaaki (con due A raga) Yuasa è un personaggio strano: un momento ti fa il retelling di Devilman dimostrando quanto l’opera di Go Nagai sia davvero qualcosa di seminale e sempiterno, riuscendo ad apparire qualcosa di una attualità devastante semplicemente portando il setting nella contemporaneità e un momento dopo si lancia nella storia d’amore estiva che ai giapponesi piace tantissimo.
Si ok, a questo giro firma unicamente la regia, lasciando la sceneggiatura a un’altra veterana del settore, Reiko Yoshida (Tokyo Mew Mew, Virtua Fighter, Koe no Katachi) che proprio proprio l’ultima arrivata non è.
Il risultato è un prodotto che io avrei voluto davvero tanto, tanto, tanto adorare alla follia ma che alla fine mi ha lasciato abbastanza con la bocca a forma di emoji 😐
Ride Your Wave è il classico ragazzo capace ma che non si impegna, che segue un tema arciesplorato, quello del coping del lutto, del lasciare il passato alle spalle ma poi cade nel trappolone facilone del realismo magico senza saperlo gestire: perché a mio avviso il realismo magico o lo dichiari subito o alla fine ti da solo l’impressione di un vorrei ma non posso, una non necessaria indoratura della pillola che nulla aggiunge a un prodotto che, come da standard di Yuasa si porta con se una regia che gli altri, spiace dirlo, possono accompagnare solo.
Dove infatti Ride Your Wave splende veramente sopra molta della concorrenza è la capacità innata di Yuasa e dei suoi Science Saru di poter fare un po’ quello che vogliono con la “telecamera” senza dover necessariamente ricorrere ai trick computerizzati à la ufotable; possono muovere i loro personaggi dove vogliono, come vogliono, quando vogliono con una naturalezza imbarazzante e un ricorso davvero minimale alla CG; seriamente, al Giappone servirebbero almeno un’altra decina di altri studi come Science Saru che sulla sequenza finale davvero si sbizzarriscono dando prova del loro grande talento (come se non lo facessero in tutte le altre scene prima…).
Aggiungi personaggi con i quali il sottoscritto ha avuto grossi problemi ad empatizzare e il patatrac è servito, trovandomi a guardare un bel prodotto da 92 minuti come mero spettatore esterno, senza veramente mai entrare in sintonia con i protagonisti tanto che, quando poco prima dei titoli di coda viene tirata la mazzata finale che, se non ce ne fossimo accorti nei quaranta minuti precedenti, ti sbatte in faccia che il passato è passato irrimediabilmente e non tornerà mai più, ero li che anziché piangere un rio de amare lagrime ero affetto da una gravissima paresi a forma di 😐
Davvero un grandissimo peccato, spero il nostro avrà modo di riscattarsi con la sua nuova produzione, Nippon Chinbotsu, da poco uscita su Netflix perché il Yuasa è e resta una pietra rara nel mare magnum dell’animazione giapponese e meriterà sempre attenzione e una chance.