Go Nagai 1972 – DevilMan e Mazinger Z
Ultimo aggiornamento: 6 Settembre 2020 da Amministratore
L’inizio del 1972 fu un periodo molto turbolento per il Giappone. I gruppi di sinistra a capo delle rivolte studentesche erano a mano a mano diventati sempre più radicalizzati, fino ad arrivare al famoso “Incidente dell’Asama Sanso”: il 19 febbraio un gruppo dell’Armata Rossa Unificata, in fuga dalla polizia dopo un’epurazione violenta che fece 14 vittime, si asserragliò in un residence sulla montagna Asama con un ostaggio. La stampa giapponese diede ampio spazio all’evento, fino al 28 febbraio quando una maratona televisiva in diretta (la prima in Giappone) di oltre 10 ore coprì l’ultima operazione della polizia che liberò l’ostaggio. I morti furono 3, 2 poliziotti e un civile.
Poco più di un mese dopo, tre membri dell’Armata Rossa Giapponese fecero irruzione nell’aeroporto israeliano di Lod e spararono indiscriminatamente sulla folla, uccidendo 26 persone e ferendone 79. I giapponesi reagirono con sgomento: non potevano credere che gli autori di un simile massacro fossero dei loro connazionali.
La nuova generazione non era più innocente.
In questo periodo Nagai sta lavorando a due serie televisive commissionate dalla Toei Doga (oggi Toei Animation).
Una si ispira ai manga robotici Tetsujin 28 (1956) e Giant Robo (1967) di Mitsuteru Yokoyama; l’altra verrà trasmessa in prima serata e, su esplicita richiesta del committente [1], ha un tono più maturo e si rifà a Mao Dante, seppure trasformandone l’aspetto in qualcosa di simile a quello dei supereroi americani che in quel periodo venivano introdotti in Giappone grazie a versioni manga come quelle di Hulk (Bokura Magazine, 1970-1971) e Spider-Man (Gekkan Shonen Magazine, 1970-1971).
La prima a uscire su rivista è DevilMan, nel giugno 1972 su Shukan Shonen Magazine. La premessa è molto semplice: Akira Fudo, un giovane timido e codardo, si ritrova a dovere combattere contro un’invasione di demoni che abitavano la terra prima dell’arrivo dell’uomo. Nell’annuncio pubblicato la settimana prima dell’uscita, DevilMan ha ancora un design molto simile a quello della serie animata. Ma Nagai sa bene che una fedele trasposizione della serie TV non riuscirà a soddisfare un pubblico abituato ai manga di Ikki Kajiwara e Takao Saito: decide quindi di introdurre già dal primo capitolo Ryo Asuka, uno dei personaggi più influenti della storia del fumetto giapponese e che sarà un modello per personaggi come Grifis di Berserk o Kaworu Nagisa di Neon Genesis Evangelion.
Il manga non avrà praticamente nulla da spartire con la serie animata e racconta sin da subito la disillusione di quel periodo: l’incontro con i demoni non è più la spedizione sull’Himalaya, narrata precedentemente sulle pagine di Mao Dante, ma un sabbath pieno di hippie drogati e violenti. Un altro elemento che si discosta dalla serie animata è il tratto: al contrario degli altri Story Manga dell’epoca, Nagai fa largo uso di stilizzazioni figlie del suo trascorso come mangaka umoristico. Quello stile grafico è in aperta contrapposizione a quello del gekiga ma ha la stessa voglia, appresa nella Ishinomori Pro, di innovare la regia delle tavole e rende la violenza ritratta ancora più brutale.
“… da qui in poi, anche voi comincerete a viaggiare nell’inferno!”
Nagai è in pieno fervore creativo, sa bene di avere qualcosa di importante tra le mani e riversa quasi tutte le sue energie in DevilMan [1]; arriva addirittura a interrompere, con grande costernazione delle case editrici, la serializzazione di tre manga che godevano ancora di una certa popolarità (Omorai-kun, Harenchi Gakuen e Animal Kedaman). Spinto da una sana concorrenza verso le famosissime serie drammatiche di Shukan Shonen Magazine, Nagai riesce per la prima volta a caratterizzare i personaggi in maniera convincente. Sono lontani i protagonisti bidimensionali de L’Uomo Annoiato dalla Scuola e Mao Dante: nonostante la gigantesca mole di lavoro non lasci il tempo a Nagai di pianificare la trama in anticipo, i capitoli iniziali lasciano spazio ai personaggi per venire tratteggiati con più cura, dando al lettore la possibilità di affezionarsi.
Ci vorrà più di un mese prima che il protagonista Akira Fudo effettui la sua fusione con il demone Amon e nel frattempo il design di DevilMan diventa più consono alla rivista che lo ospita: le mutande da supereroe, presenti nell’omonima serie animata, vengono sostituite da gambe caprine ispirate alle rappresentazioni ottocentesche di Bafometto e il volto assume dei lineamenti decisamente più grotteschi. Anche il design dei demoni era una novità: più che ai kaiju, Nagai si rifà al Dictionnaire Infernal e agli altri manuali sui demoni occidentali, prendendone in prestito le bizzarre creature spesso frutto di fusione tra animali e umani [1].
Non venendo meno alla sua reputazione, Nagai disegna più volte corpi femminili nudi e talvolta li ritrae in chiave decisamente horror: basti pensare al primo demone che compare nel manga, un mostro dalla testa tentacolare e il corpo di donna, con una bocca dentata al posto del sesso. La voglia di osare spinge Nagai anche a rappresentare quella che avrebbe dovuto essere la prima scena di sesso (violento) di Shonen Magazine, ovvero lo stupro di Sirene da parte di DevilMan, ma la rivista si rifiutò di pubblicarla [1].
Il manga continua per un po’ con una trama di gran lunga più efficace rispetto a qualsiasi altra cosa scritta da Nagai fino ad allora, rimanendo ancora oggi un’ottima lettura horror, ma sarà con il capitolo centrale dell’opera che si entrerà davvero nella storia del fumetto. Dopo un quasi-remake di Susumu-chan Dai Shock, dove il povero Susumu viene ancora una volta ucciso dalla madre, Akira Fudo si rivolge direttamente al pubblico: “[…] Da qui in poi l’Inferno non sarà più solo il mio dramma personale!! Tutti gli uomini saranno coinvolti in questa sventura!! E voi non fate eccezione!! L’Inferno attende anche voi!! E voi sarete…”
Da questo momento i demoni decidono di attaccare indiscriminatamente il genere umano con l’unico scopo di creare il caos. Ma se finora il nemico era un estraneo (come gli americani delle basi di Okinawa o le vecchie generazioni), adesso la più grande minaccia è il nostro simile, proprio come i terroristi rossi che tanto sangue sparsero nei primi mesi del 1972. Gli esseri umani, in nome del nobile obiettivo di salvare l’umanità, saranno una minaccia per la loro stessa sopravvivenza tanto quanto i demoni: Akira Fudo subirà il tradimento di coloro che riteneva alleati e sarà costretto a lottare anche contro di loro in una guerra senza vincitori. Nagai, coscientemente o meno, ci trasmette lo spirito di quegli anni: anche di fronte a un nemico comune, l’uomo sa essere una bestia assetata del sangue del proprio simile.
Il finale di DevilMan risulta un po’ affrettato; Nagai avrebbe voluto una serializzazione più lunga [1] ma il suo impatto sui lettori è talmente forte da diventare archetipale: basti pensare a End of Evangelion. Sotto le spoglie di un fumetto d’escapismo (addirittura supereroistico) Nagai esprime la rabbia e le preoccupazioni dei suoi tempi, entrando nel cuore dei lettori più disimpegnati come i più grandi maestri del gekiga colto non potevano fare.
“La fortezza d’acciaio Mazinger Z”
“Tu… cosa faresti se un giorno ti ritrovassi ad avere una forza sovrumana? Come useresti questo potere? Te ne serviresti per annientare il mondo, trasformandoti in una specie di demone… oppure… ti comporteresti come un eroe, lottando per salvare la Terra?”
Koji Kabuto, dall’incipit di Mazinger Z
Così inizia la trasposizione a fumetti di Mazinger Z (Shonen Jump, 10/02/1972), un’opera che avrà una popolarità planetaria e creerà un genere in voga ancora oggi. Mazinger Z è a tutti gli effetti l’opera gemella di DevilMan, seppur marcatamente più shonen. Anche questa serie discende direttamente da Mao Dante: proprio come Dante, Mazinger Z (Majinga, Majin = Dio Demone) è un gigante dalla forza distruttiva senza pari, “pilotato” da un ragazzo collocato nella sua calotta cranica; anche gli occhi del Mazinger Z sono bianchi e scontornati come quelli di Mao Dante e DevilMan, e la ricerca effettuata per quest’ultimo negli antichi manuali demoniaci illustrati dà anche qui i suoi frutti: gli antagonisti principali hanno le intestazioni nobiliari dei demoni dello Pseudomonarchia Daemonum (1577). Non manca la potenza espressiva delle tavole tipica del Nagai di questo periodo: la prima apparizione di Mazinger Z infatti lascerà un segno nel (solito) Hideaki Anno, che la userà come ispirazione per introdurre l’EVA-01 [2].
Gli antichi robot micenei di cui il Dr. Hell si servirà per i suoi piani di conquista sono i kaiju (chiamati kikaiju, un gioco di parole che unisce la parola kikai, macchina, e kaiju, mostro) tanto amati da Go Nagai e, pure avendo come target di riferimento i bambini delle scuole elementari che leggono Shonen Jump, non si può non notare una certa crudezza: i combattimenti contro i kikaiju sono piuttosto brutali, l’esercito di Maschere di Ferro del Barone Ashura è formato da esseri umani (ancora coscienti) con il cervello esposto sotto l’elmetto e addirittura il protagonista Koji Kabuto, non avendo ancora bene chiaro come pilotare il robot donatogli dal nonno Juzo, causerà nei primi capitoli danni e morti comparabili a quelli dei nemici contro cui si batte.
L’anime di Mazinger Z, trasmesso dal 3 dicembre 1972, è subito un grandissimo successo. Go Nagai, colui che solo due anni prima era al centro di una polemica nazionale e che veniva tacciato di essere “nemico della società” [3] diventa l’autore della serie animata più popolare tra il pubblico infantile e del giocattolo più ambito tra i bambini giapponesi del tempo.
Nella serie Tv il design di Mazinger Z viene ammorbidito (forse per renderlo meno pauroso), non è presente il personaggio secondario Ankokuji, commissario di polizia alleato dei protagonisti che in più occasioni usa la sua pistola per uccidere le Maschere di Ferro, e le trame degli episodi sono molto più semplici, seguono il classico canovaccio del “mostro della settimana”. Nonostante ciò, i combattimenti tra robot restano comunque molto crudi per un anime rivolto a un pubblico infantile: probabilmente è questo ciò che creò i noti problemi censori in Italia e Francia. Quegli attacchi urlati (come già in Ultraman) con sofferenza fanno nascere una moda prima e un genere poi, nel quale, che siano Real o Super robot, è assolutamente necessario che essi vengano pilotati dallʼinterno, come Mazinger Z.
Shonen Jump, visto il successo della serie animata, chiede che il manga venga reso più adatto al pubblico di bambini che lo guarda in Tv [2]. A circa metà della serializzazione, Mazinger Z assume quindi il design dell’anime, Ankokuji scompare e la trama diventa molto più infantile. Nagai non ha più la possibilità di esprimersi come vorrebbe e se ne disinteressa [2] per dedicare più energie a DevilMan. Solo 18 anni dopo, con MazinSaga, Nagai potrà sviluppare il concetto di Mazinger Z come arma che può essere un dio al servizio della giustizia o un demone distruttore.
L’anime di Mazinger Z durerà per ben 92 episodi e verrà interrotto solo per lasciare spazio al sequel Great Mazinger, realizzato per vendere nuovi giocattoli [4]. Nel breve periodo che va dal 1972 al 1976 Go Nagai sarà autore (o co-autore) di ben 8 serie Tv che discendono direttamente da Mazinger Z e che ispireranno innumerevoli imitazioni: grazie a una di esse, Kido Senshi Gundam, il filone si evolverà in quello dei cosiddetti real robot. Si può dunque affermare che Go Nagai sia stato uno dei responsabili indiretti del fenomeno degli otaku.
Dopo il 1972
Grazie a questi successi, la Dynamic Pro di Go Nagai continuerà a essere fino al giorno d’oggi una vera e propria fabbrica di manga e serie Tv, producendo più di 400 opere tra manga e anime; nessuna però avrà l’impatto di DevilMan e Mazinger Z. Solo Cutie Honey (1973), realizzato anche stavolta su commissione di Toei Animation, riuscirà a entrare veramente nel cuore del pubblico giapponese rendendo possibile la produzione di 5 serie animate, 2 film dal vivo (uno dei quali diretto, guarda caso, da Hideaki Anno) e un telefilm. Lo spassoso Dororon Enma-kun, realizzato per Toei in concomitanza con Cutie Honey, sarà un altro discreto successo ma non è di certo annoverato tra i capolavori del genere yokai.
Ciò non vuole dire che Nagai non abbia realizzato opere di valore dopo il 1972: in particolare, la sua produzione story manga anni ’70 resta un’ottima lettura e specialmente Violence Jack si ritaglia uno spazio importante; la sua travagliata vita editoriale, prima su Shukan Shonen Magazine (1973-1974), poi su Gekkan Shonen Magazine (1977-1978), per finire su Shukan Manga Goraku (1983-1990, rivista per soli adulti), senza contare le storie extra uscite successivamente, lo rendono una lettura dalla qualità grafica e narrativa altalenante, ma i capitoli di Shukan Shonen Magazine rientrano tra le storie più belle realizzate da Go Nagai, ancora all’apice del suo fervore creativo.
Sempre su Shukan Shonen Magazine, sono da segnalare Shutendoji (1976-1978), Kuro no Shishi (Il Leone Nero, 1978-1979) e Susano-oh (1979-1981), il quale gli varrà il premio Kodansha nella categoria shonen e che, grazie ai romanzi firmati dal fratello Yasutaka, godrà di una buona popolarità nella seconda metà degli anni ’80 con la ripresa del manga da parte di Kadokawa Shoten, e troverà una trasposizione sia in un videogame RPG per la console PC-Engine sia in gioco da tavolo.
Negli anni ʼ80 la produzione di Go Nagai diventerà sempre più rivolta a un pubblico di soli adulti, concentrandosi spesso su scene di sesso, stupro e violenza. I tentativi di rilancio nel mondo degli anime come l’imbarazzante Psycho Armor Govarian (1983) e l’incompiuto God Mazinger (1984) si riveleranno dei fallimenti, e solo le trasposizioni live action dei suoi fumetti più spinti come Kekko Kamen avranno un loro seguito. Dagli anni ’90 a oggi Nagai sarà principalmente impegnato in operazioni dal sapore nostalgico più o meno riuscite e che riprendono, tramite sequel e remake, le sue serie degli anni ’70 più famose.
Pur non riuscendo dunque a mantenere sempre altro il livello qualitativo delle sue storie, Go Nagai rimane uno dei maestri del medium e il suo stile, inconfondibile, è apprezzato da innumerevoli fan in tutto il mondo.
Guida alla lettura
DevilMan è una lettura obbligata per chiunque si consideri un appassionato di manga e anime; ciononostante in Italia non esiste una vera edizione definitiva. Si consiglia il recupero dell’edizione D/Visual del 2004, la quale pur riproducendo le tavole a colori in bianco e nero è l’edizione italiana più vicina alla versione originale. La recente ristampa pubblicata da J-Pop include la maggior parte delle tavole a colori, ma a parte i rimaneggiamenti e i tagli (che a onore del vero non influiscono troppo sulla lettura) effettuati da Nagai in tempi recenti, ha il grave difetto di integrare Shin DevilMan, una serie di bruttissime storie brevi realizzate tra il 1979 e il 1980, e sceneggiate dal fratello Yasutaka.
Se proprio non riuscite a trovare altro, saltate i capitoli in cui Akira e Ryo viaggiano nel tempo. In Giappone sono numerose le riedizioni di DevilMan; tra queste si segnala una recente pubblicazione filologica che ristampa il manga per come è apparso su Shukan Shonen Magazine tra il 1972 e il 1973, intitolata DevilMan – The First.
Mazinger Z non è bello quanto è importante ma i primi volumi, che manifestano una certa indipendenza dalla serie televisiva, sono una lettura molto divertente. Si consiglia l’edizione D/Visual, poiché include tutte le tavole a colori ed è fedele alla serializzazione originale, o l’edizione J-Pop, meno filologica ma che comprende l’affrettato finale apparso su Shonen Jump.
Violence Jack gode di un’ottima edizione a cura della D/Visual che riproduce in maniera eccellente le tavole del Maestro e include pressoché tutte le tavole a colori. L’abbandono della casa editrice ha lasciato incompleto questo lavoro di recupero delle tavole originali, tuttavia si potrà continuare la lettura a partire dal numero 7 dell’edizione J-Pop.
Qualora si desiderasse approfondire ulteriormente si consiglia la lettura di Shutendoji, pubblicato da D/Visual nel 2004, e de Il Leone Nero, disponibile grazie a Hikari Edizioni.
Aldo
Un ringraziamento speciale a Roger, Taro, Dolly ed Ethan T.
[1] Gekiman!, Go Nagai & Dynamic Pro, Nihon Bungeisha, 2010
[2] Deviman Tabulae Anatomicae, intervista a Hideaki Anno e Go Nagai, Kodansha, 1999
[3] Conversazione tra Go Nagai e Monkey Punch, Moura, 2005 https://web.archive.org/web/20050404060709/http://moura.jp/liter/nagaigo/special3/index.html
[4] The Chogokin, intervista a Go Nagai, Kodansha, 1997